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ROMA (ITALPRESS) – “Il nostro mondo ha bisogno di un pò di normalizzazione. Quanto successo anche a Immobile e quanto narrato in queste settimane ci dice che stiamo superando certi limiti. Non si gioca solo troppo, probabilmente c’entra anche lo stress a cui si è sottoposti, e vale anche per allenatori e arbitri, c’è bisogno di più serenità e magari la darebbero calendari un pò meno fitti. Bisogna anche cercare di non strumentalizzare certe situazioni: gli aspetti positivi che generiamo sono superiori a questi episodi”. E’ questa la riflessione che Umberto Calcagno, presidente dell’Assocalciatori, affida ai microfoni di “Radio Anch’io Sport” su RadioUno, partendo da quanto successo ieri a San Siro fra Juan Jesus e Acerbi, col brasiliano che ha accusato in campo il rivale di avergli rivolto un insulto razzista prima del chiarimento nel postpartita. “La lotta al razzismo va condotta senza se e senza ma, sono episodi da condannare – commenta Calcagno – Non voglio poi banalizzare quello che è accaduto ma bisogna stare attenti anche a non strumentalizzare. Le parole di Juan Jesus nel dopo gara sono indicative, Acerbi si è subito scusato e le scuse sono state accettate”. “Il nostro mestiere – prosegue il presidente dell’Aic – ci dà grandi responsabilità, quello che succede in campo non deve avere giustificazioni ma c’è stato il riconoscimento dell’errore fatto da una persona, che un punto di riferimento nei comportamenti. Acerbi è uno dei ragazzi più sereni e più buoni del nostro mondo, che si spende per gli altri e va riconosciuto”. Ma se dietro la mancanza di serenità c’è anche lo stress dovuto alle troppe partite, non sarebbe il caso allora di valutare una riduzione della serie A da 20 a 18 squadre? “Stiamo lavorando con il FIFPro e le leghe europee per avere un’interlocuzione con Fifa e Uefa – replica Calcagno – I campionati interni, il merito sportivo e la passione dei tifosi vanno salvaguardati, ci spaventa tanto la concentrazione di grandi ricchezze in pochi club. Queste situazioni non permettono di ragionare sul numero di squadre in serie A, il che non significa rimanere a 20. E’ in realtà un ragionamento che va fatto anche con la Premier, con la Liga, per evitare che eventuali slot liberati dai campionati interni vengano subito coperti dalle competizioni internazionali. Serve anche una redistribuzione migliore delle risorse, che vanno date anche a chi non partecipa a quelle competizioni”. Poi, sulla questione del poco spazio per i calciatori italiani, Calcagno precisa: “La nostra non è una battaglia allo straniero ma la serie A ha un’impostazione esterofila, il 70% del minutaggio è di giocatori non selezionabili per le nazionali. Dobbiamo porci un problema come sistema, anche per non vanificare la mission affidata alla serie B, alla serie C, al calcio di base. Sarebbe giusto guardare anche all’interno del nostro mondo, quando eravamo un calcio vincente: abbiamo vinto i Mondiali del 2006 col 70% di minutaggio di giocatori italiani, eravamo competitivi come fatturati. Bisogna ricreare un sistema al nostro interno differente da quello che stiamo vivendo”.
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

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