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MILANO (ITALPRESS) – Una svolta nella bibliografia che finora ha raccontato Mani Pulite e i processi a Bettino Craxi. In “Damnatio memoriae. Mani Pulite e i processi a Bettino Craxi” (LibertatesLibri), il giornalista Fabio Florindi e l’avvocato Roger Locilento scandagliano migliaia di carte processuali e ricostruiscono l’atmosfera nella quale quelle inchieste maturarono. Dall’analisi che i due autori fanno delle carte processuali emerge un dato inconfutabile: non c’è un documento che inchiodi Bettino. Craxi era un politico del suo tempo, accettava il finanziamento illecito ai partiti come qualcosa di normale. Ha sempre ammesso di essere a conoscenza del meccanismo in generale, ma ha rigettato le accuse di corruzione o concussione su episodi specifici. Poco dopo che Craxi si è rifugiato a Hammamet, nel dicembre 1994, Di Pietro si dimette dalla magistratura. Dichiara di non voler fare politica, ma dopo un paio di anni entra nel governo Prodi come ministro dei Lavori pubblici e nel 1998 fonda il suo partito: l’Italia dei valori. I magistrati di Brescia, intanto, lo indagano per diverse ipotesi di reato. Finirà tutto in nulla. Nel 2000, Craxi muore a Hammamet con due condanne definitive e diversi processi ancora in corso. Qualche anno dopo la Corte europea dei diritti dell’uomo condannerà in due occasioni l’Italia: in una per non aver garantito i diritti della difesa nel caso Eni-Sai e nell’altra per non aver garantito la privacy dell’imputato nel processo sulla Metropolitana Milanese.(ITALPRESS).

Foto: LibertatesLibri

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