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Di Giuliano Zoppis

ROMA (ITALPRESS) – Scottate dalle errate valutazioni degli anni passati, quando giudicarono episodiche e non congiunturali le tensioni sui prezzi, ritardando gli opportuni interventi, le due principali banche centrali del mondo capitalista invocano prudenza per avviare la nuova stagione del taglio dei tassi di interesse. In settimana la americana FED prima, e poi la “nostra” BCE, hanno nella sostanza congelato l’attuale fase di tassi elevati, rimandando ad una primavera, quanto mai indefinibile, l’attesa svolta, senza però negare che sta arrivando il momento per mettere fine alla lunga stagione di politica monetaria restrittiva. Il trait de union di questo ormai consolidato convincimento sta nella chiara constatazione di un processo disinflattivo ormai in corso, in rapida, ma non rapidissima, discesa verso il comune obiettivo del 2%. Al 2,8 americano si contrappone una previsione di crescita del 2,3% per l’area dell’euro (2 nel 2025, 1,9 nel 2026), minore quindi di quanto ipotizzato a dicembre da Francoforte. Per ora i tassi rimangono fermi al massimo storico del 4,5%, ma si intravede il cambio di rotta. La data fatidica e’ il 6 giugno (in coincidenza con le elezioni europee), più difficilmente l’11 aprile. Vediamo perché, “leggendo” le parole di una Christine Lagarde, presidente della BCE, le cui affermazioni assumono di volta in volta le sembianze della Sfinge e ricordano i responsi criptici, da interpretare, della Sibilla cumana. Per muovere la leva dei tassi servono più’ dati, ne avremo in aprile alcuni come quello sull’inflazione del primo trimestre, molti di più a giugno. Dipendiamo da questi dati, afferma Lagarde. Che sottolinea come solo allora si conosceranno i numeri sull’andamento del settore servizi, dopo i giorni festivi di Pasqua e Pentecoste. Se queste indicazioni segneranno un contenimento dei prezzi, allora il primo taglio scatterà a giugno. Difficile che possa accadere prima, a meno che la discesa dell’inflazione non assuma un carattere più dirompente, mentre gli ultimi aumenti dei tassi incidono sulla domanda contribuendo al calo dei prezzi. La prudenza della Lagarde trova un altro motivo di giustificazione. Per la banchiera francese occorre temere le pressioni sui prezzi dalla forte crescita salariale, ma non sembra esserci questo rischio, non sembra sussistere insomma una spirale salari-prezzi, la cosiddetta rincorsa. Se infatti i profitti delle imprese sembrano ancora essere buoni, questo significa che le stesse imprese sono in grado di assorbire gli aumenti salariali, senza quindi dover traslare il maggior costo del lavoro sui prezzi finali. Ma la crescita delle imprese e dell’economia si sostiene anche tagliando i tassi, quindi la BCE rischia con il suo immobilismo di comprimete l’aumento dei profitti…Una tesi contestata dalla Lagarde, ma che alcune economie siano in difficoltà è incontrovertibile. A partire da quella della locomotiva tedesca, in piena recessione, in un’area euro che vede rallentare la crescita del Pil nel 2024 dallo 0,8 allo 0,6% (con previsioni di ripresa però nel secondo semestre). E perfino la super austera Bundesbank, la banca centrale tedesca, comincia ad auspicare il taglio dei tassi, che nelle attese degli operatori dovrebbe essere il primo di quattro per il corrente anno. In una situazione così fluida appare quanto mai opportuno, aspettando Francoforte, aiutarci da soli. Le nostre imprese stanno tenendo, nonostante una difficile situazione geopolitica internazionale. Soffrono di più le famiglie, afflitte in questi anni dall’ingiustizia tassa dell’inflazione, e molte di queste massacrate dall’aumento dei tassi dei mutui, e con compravendite immobiliari in calo del 10% nel 2023. Ci aspettano mesi difficili, soprattutto per il controllo dei nostri conti pubblici nel mirino di Bruxelles. Ma i segnali di mercato sono buoni: lo spread, che misura la differenza dei nostri tassi con quelli tedeschi, è in diminuzione. Per positive e concomitanti ragioni: sono tornati, consistenti, gli investimenti stranieri sui nostri titoli del debito, aumentano le aspettative per una riduzione dei tassi ufficiali, giova la stabilità politica per il Governo in carica, che punta decisamente sull’obiettivo di ridurre il rapporto debito/pil. Insomma le premesse per farsi trovare pronti a cogliere una ritrovata stagione di crescita e sviluppo ci sono tutte. Sfruttiamole. (ITALPRESS).

Foto: agenzia Fotogramma

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