ROMA (ITALPRESS) – Si può archiviare l’idea che il nostro Paese sia il fanalino di coda dell’Europa. L’andamento dell’economia italiana e’ in linea con la media Ue. Se a pronunciare queste parole è un signore che fa il Commissario europeo agli Affari economici, è stato Presidente del Consiglio e, politicamente, è uno degli esponenti di punta del maggiore partito di opposizione, il Pd, allora dobbiamo riflettere sul clima di catastrofismo che permea il Paese e che anche dati di fonte indipendente non riescono, pare, a scalfire. Le parole pronunciate in settimana da Paolo Gentiloni, nel presentare all’opinione pubblica e alla stampa, le nuove previsioni economiche di Bruxelles sono chiare. Viviamo in Europa un periodo di bassa crescita, la crisi attuale colpisce soprattutto il modello tedesco, quindi la Germania e i paesi del Nord e influenza pesantemente l’economia del continente. In questo contesto il Pil dell’area euro salirà nel 2024 dello 0,8, quello nostro dell’0,7%. Faremo decisamente meglio della Germania (0,3) e un po’ peggio della Francia (0,9). E i tre paesi sono tutti attesi nel 2025 ad una crescita dell’1,2-1,3%. Ci aveva già pensato qualche giorno fa il Governatore della Banca d’Italia a rimettere la barra al centro, smentendo con numeri e ragionamenti i foschi scenari del pessimismo e del pregiudizio. La nostra crescita, ha detto Fabio Panetta, va letta nelle sue tendenze. Ebbene dalla pandemia l’Italia ha recuperato un più 3,6% del Pil, il doppio della Francia, mentre la Germania ha riguadagnato un misero 0,1. Non siamo andati in recessione e abbiamo registrato numeri buoni per quanto riguarda l’occupazione, ai livelli più alti degli ultimi anni. L’inflazione scende verso l’obiettivo fatidico del 2% (lo ha confermato Gentiloni per il 2024, contro una media Ue del 2,7%) e vengono smentiti anche i timori su una possibile rincorsa salari-prezzi. La possibilità che ciò avvenga, dice Panetta, è esigua. Anzi, un recupero del potere di acquisto dei salari sostiene i consumi (già in risalita) e la ripresa economica. La preoccupazione vera è un altra. La revisione al ribasso delle stime di crescita rappresenta per il nostro Paese un problema per i conti pubblici. Mezzo in punto in meno di Pil significa 10 miliardi in più da trovare per la prossima finanziaria, vanno infatti prorogati il taglio del cuneo fiscale e la nuova curva delle aliquote Irpef. Presto per parlarne, ma certo il Governo dovrà porre mano alla questione ed una strada possibile sembra quella di una più vicina decisione sulla privatizzazione delle partecipate pubbliche e per percentuali maggiori rispetto a quelle ipotizzate. E dovrà essere utilizzata al meglio una straordinaria opportunità che potrebbe far rivedere al rialzo le nostre stime di crescita e ci riferiamo alla splendida occasione che abbiamo con i fondi del Pnrr, con la messa a terra dei progetti sostenuti da ingenti investimenti. Per tornare ai conti pubblici, incombe la mannaia dell’apertura di una proceduta per deficit eccessivo (quello del 2023) da parte di Bruxelles. Non solo per noi, ma anche per la Francia e compagnia cantando. Ma incombono anche le elezioni europee di giugno e Gentiloni, uomo e politico solido, con sano realismo allontana nel tempo queste decisioni e dice che che non se ne può parlare per cambiamenti dello zero virgola. Insomma, vedremo. Anche perché sullo scenario insistono variabili diverse, tutte preoccupanti. Per rimanere in ambito economico rappresenta sicuramente un punto di svolta l’attesa decisione della BCE per un taglio dei tassi. Fondamentale anche la tempistica di questa svolta nella politica monetaria di Francoforte. La Presidente Christine Lagarde dice che non si possono prendere decisioni avventate (ricordando forse quelle non prese quando si pensava che l’aumento dei prezzi fosse episodico) e non si sbilancia. Così molti osservatori pensano che il momento atteso scatterà con la riunione del 6 giugno, sperando però che le economie europee non arrivino a quella data con il fiato troppo corto (e per questo si spera nella precedente riunione di aprile). Non per niente Bruxelles ha indicato fra le ragioni di un crescita ridotta il rallentamento degli investimenti da parte del pubblico e del privato per l’elevato costo dei finanziamenti. E allargando lo sguardo vanno tenute in debita considerazione le crisi geopolitiche che colpiscono il pianeta, e quindi l’economia. La guerra in Europa, quella in Medio Oriente, le difficoltà nel trasporto commerciale marittimo con i problemi dei canali di Suez e Panama e, non dulcis in fundo, l’esito delle prossime elezioni americane. Se vogliamo sintetizzare, il 2024 sarà l’anno dell’incertezza. (ITALPRESS).
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