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CANNES (ITALPRESS) – Provate a immaginarla come una versione distopica della Sposa di “Kill Bill”: “Furiosa” è pura forza vendicatrice al femminile, forgiata per prendersi la sua rivincita su chi tanto male le ha fatto e capace di tenere ferma la sua moralità in un mondo divorato dalla violenza. George Miller costruisce il quinto capitolo della Saga di Mad Max come uno spin-off al femminile, ritrovando quella Furiosa che nel precedente “Fury Road”, grazie al carisma di Charlize Theron, aveva sostanzialmente rubato la scena al Mad Max di Tom Hardy. Ora, in questa che tecnicamente è una “origin story”, Miller ci fa conoscere il passato di Furiosa, spingendosi sino all’infanzia che la vedeva figlia di una pacifica e evoluta comunità arroccata in un’oasi naturale chiamata Terra Verde, nascosta tra le rocce del deserto australiano: un paradiso in cui la natura rigogliosa accoglie un’umanità ancora portatrice di pace e amore, da preservare e tenere nascosta alle bande che si contendono il controllo delle poche risorse del devastato mondo circostante.
La conosciamo bambina e già letale, come del resto la madre che cerca di salvarla dalla banda di bikers che l’hanno rapita e la vogliono portare in dono a Dementus, il capo dell’abbrutita comunità di cui fanno parte. Il rischio è che Terra Verde venga scoperta e saccheggiata, ma la piccola Furiosa ha carattere e intelligenza a sufficienza per mantenere il segreto e affascinare Dementus, che ha la fanfaronesca astuzia di Chris Hemsworth e nutre il gigionesco culto della sua personalità con le armi dell’astuzia e della paura. Cresciuta come sua favorita, la piccola Furiosa diventa ragazzina e trova Anna Taylor-John a interpretarla con una caratura che sta tra l’esile e il determinato. Tutto il resto è una lotta senza quartiere suddivisa in capitoli che raccontano il susseguirsi di scontri per il possesso dei pozzi di petrolio, di attacchi alle fortezze delle varie bande motorizzate che compongono l’universo distopico creato da Miller per la sua Mad Max Saga. Una pletora di villain che più villain non si può, dai nomi che la dicono lunga sulle intenzioni dell’autore di prenderli sul serio: i fratelli Rictus Erectus e Scrotus, Immortan Joe, Organic Mechanic, Octoboss. Tra tutti emerge solo il Praetorian Jack di Tom Burke, che rappresenta l’unica figura dotata di umanità e ragione e che offre alla giovane Furiosa la strada per diventare l’eroina che sarà. Tanta disumanità spettacolarizzata con ironia e con fantasmagoria meccanica si spinge per due ore e mezza in un susseguirsi di scontri e inseguimenti che ruotano attorno a personaggi roboanti, vanitosi e vani: “Furiosa” purtroppo non ha un briciolo della straordinaria capacità mitopoietica messa in campo da Miller nel precedente “Fury Road”. Qui tutto risponde a una spettacolarità di routine, manca l’impatto visivo e la taratura caratteriale dei personaggi è troppo regolata sul senso ironico e grottesco per avere le dimensioni cubitali che segnavano il capitolo precedente.
Anna Taylor-John, che altre volte ha mostrato doti di presenza e carattere innegabili, qui appare troppo esile e eterea per lasciare il segno e non regge il confronto con la Furiosa adulta di Charlize Theron. Lo stesso Chris Hemsworth è troppo simpatico per essere un villain credibile e il suo Dementus non lo si riesce proprio a odiare: miscasting non da poco se si considera che finisce con togliere forza all’odio di Furiosa e alla sua vendetta.
-foto Ipa Agency
(ITALPRESS).

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